Dolore All’Anca nel Giovane e l’Osteotomia Periacetabolare per il trattamento della Displasia dell’Anca

Il dolore all’anca nel giovane paziente è una condizione comune che può avere diverse cause; tra queste una delle più rilevanti è la displasia dell’anca. La displasia è una condizione in cui l’anca non si sviluppa correttamente, causando problemi di stabilità e di movimento dell’articolazione. Se non trattata, può portare a usura precoce della cartilagine e allo sviluppo di artrosi, un processo che inesorabilmente porta verso l’impianto di una protesi all’anca.

In questo articolo, voglio spiegare cos’è la displasia dell’anca, come può essere diagnosticata, e quali sono le possibili opzioni di trattamento, sia conservative che chirurgiche.

Cos’è la Displasia dell’Anca?

La displasia dell’anca è una patologia causata da un problema di sviluppo dell’articolazione che inizia già durante le fasi di vita nell’utero materno. Normalmente, la testa del femore si inserisce perfettamente all’interno dell’acetabolo (la cavità del bacino) con quest’ultimo che va a coprirne circa i 2/3. Nella displasia, l’acetabolo non copre adeguatamente la testa del femore, rendendo l’anca instabile. L’instabilità dell’anca causa dolori e sovraccarico muscolare (i muscoli svolgono un lavoro extra per stabilizzare l’articolazione) e, negli anni, danni alle strutture articolari con conseguente usura della cartilagine e quindi artrosi.

Negli ultimi 30 anni la diffusione capillare delle campagne di screening neonatali per la displasia dell’anca ha permesso di ridurre notevolmente il peso di questa patologia. Ormai è rarissimo vedere casi di gravi displasie con anca lussata e arto accorciato che si vedevano un tempo e che oggigiorno vediamo solo in pazienti provenienti da paesi meno agiati rispetto all’Italia in cui non vengono effettuati screening neonatali. Però la patologia esiste ancora e, anche se diagnosticata e trattata tempestivamente in fasi neonatali, un’anca displasica ben curata presenta comunque un certo rischio di mantenere una deformità. E sono proprio questi i quadri clinici più subdoli che si presentano attualmente in ambulatorio.

 

Radiografia che mostra la differenza tra un’anca normale, quella a sinistra, e un’anca con grave displasia, quella a destra.

 

Negli ultimi 15 anni questa patologia è passata un po’ nel “dimenticatoio” perché ha guadagnato popolarità un’altra patologia dell’anca del giovane di più recente scoperta e cioè il conflitto femoroacetabolare. Attenzione però a non etichettare tutti i dolori di anca del giovane come conflitto.

 

Sintomi della Displasia dell’Anca

I sintomi possono variare, ma i più comuni sono:

  • Dolore all’inguine o all’esterno dell’anca, che può essere intermittente o costante.
  • Scrocchi o blocchi dell’anca durante il movimento.
  • Difficoltà a svolgere attività quotidiane come camminare, correre o salire le scale.
  • Rigidità e ridotta mobilità dell’anca, specialmente al mattino o dopo lunghi periodi di inattività.

 

Diagnosi della Displasia dell’Anca

La diagnosi si basa su una visita clinica e su esami strumentali, come la radiografia, che permette di valutare la conformazione dell’articolazione.

La radiografia è l’esame basilare per poter valutare nel complesso la morfologia del bacino e dei femori ed effettuare una misurazione coxometrica. Questa consiste nella misurazione degli angoli di copertura della cavità acetabolari e dei colli femorali. Gli esami di secondo livello includono la risonanza magnetica e/o la TAC del bacino con iniezione di liquido di contrasto intraarticolare eventuale. In alcuni casi di sospetto di eccessiva antiversione femorale e/o acetabolare è utile la TAC con estensione fino alle ginocchia per misurare l’angolo di antiversione femorale (angolo tra i condili femorali e il collo femorale). Generalmente nella displasia dell’anca gli angoli di aniversione sono aumentati, contribuendo all’instabilità dell’articolazione. Gli esami di artroTAC e artroRM (cioè TAC e Risonanza con mezzo di contrasto intra articolare) sono invece utili per visualizzare meglio le strutture ossee e soprattutto per identificare eventuali danni alla cartilagine o lesione del labbro acetabolare.

 

Terapie Conservative

Quando la displasia dell’anca è diagnosticata precocemente e non ci sono segni di artrosi avanzata, è possibile trattare il problema con terapie conservative, che possono includere:

  1. Fisioterapia mirata: Gli esercizi specifici sono fondamentali per migliorare la forza e la stabilità dei muscoli che muovono e stabilizzano l’anca, riducendo lo stress sull’articolazione. L’obiettivo della fisioterapia è aiutare il paziente a eseguire più correttamente i movimenti quotidiani, riducendo così i dolori. Se presente una condizione di sovrappeso, perdere qualche kilo può aiutare grandemente a ridurre il sovraccarico articolare.
  2. Farmaci antinfiammatori: In alcuni casi, gli antinfiammatori non steroidei (FANS) possono essere prescritti per ridurre il dolore e l’infiammazione. Ovviamente non può essere una terapia prolungata per mesi!
  3. Modifica delle attività: Ridurre o modificare le attività che sovraccaricano l’anca, come correre o saltare, può aiutare a prevenire ulteriori danni.

 

Terapie Chirurgiche:

  • Osteotomia Periacetabolare (PAO) secondo Ganz

Quando le terapie conservative non sono sufficienti a risolvere il problema o la displasia è severa, si può prendere in considerazione la chirurgia. Una delle tecniche più avanzate per correggere la displasia dell’anca è la osteotomia periacetabolare (PAO), sviluppata in Svizzera dal dottor Reinhold Ganz negli anni ’80 ma tutt’ora ancora poco diffusa in Italia.

La PAO è un intervento chirurgico che mira a riposizionare l’acetabolo mediante 4 tagli ossei nel bacino per garantire una copertura più adeguata della testa del femore. Questo permette di migliorare la stabilità dell’anca e ridurre il dolore, preservando l’articolazione naturale ed evitando l’usura precoce. L’obiettivo della PAO è quello di ritardare o evitare la necessità di una protesi d’anca in futuro.

Durante la PAO, si eseguono dei tagli nell’osso del bacino per consentire la rotazione dell’acetabolo in una posizione più corretta. Una volta riposizionato, l’acetabolo viene fissato con delle viti per mantenere la nuova angolazione. Questo intervento richiede un periodo di riabilitazione, ma i risultati a lungo termine possono essere molto positivi, specialmente se eseguito prima che si sviluppino gravi danni all’articolazione.

Ha il grande vantaggio, rispetto ad una protesi all’anca, di essere un intervento di chirurgia conservativa, che mantiene cioè l’anca naturale del paziente. È però un intervento complesso che richiede qualche mese di convalescenza. Se il decorso è favorevole, permette al paziente un notevole miglioramento o scomparsa dei sintomi.

  • Osteotomia del Femore

In alcuni casi, può essere necessario associare alla PAO una osteotomia del femore per correggerne l’antiversione eccessiva che partecipa, insieme alla malformazione acetabolare, all’instabilità dell’anca. Anche in questo caso, l’obiettivo è preservare l’articolazione naturale, riducendo il carico errato sull’anca.

  • Artroscopia dell’anca

In qualche caso sfortunato il paziente può presentare le deformità tipiche della displasia associate ad una deformità tipica del conflitto femoroacetabolare (link all’articolo sul conflitto) con la presenta di un bump osseo sul collo femorale che determina un conflitto tipo CAM. In questi pazienti, dopo all’osteotomia periacetabolare (PAO) può rendersi necessaria nei mesi successivi una procedura di artroscopia dell’anca volta alla correzione della deformità sul collo femorale.

Riabilitazione

Dopo un intervento di PAO o osteotomia del femore, la riabilitazione è fondamentale per recuperare la funzionalità dell’anca. Il paziente dovrà seguire un programma di fisioterapia che mira a migliorare la mobilità, la forza muscolare e a ridurre il dolore. È importante rispettare i tempi di recupero per evitare sovraccarichi sull’articolazione appena corretta.

Dopo la PAO si può generalmente appoggiare una parte del peso corporeo sul lato operato ma con l’obbligo di protezione dal carico con l’uso di stampelle per circa 2 mesi.

Conclusioni

Il dolore all’anca nel giovane paziente non dovrebbe mai essere trascurato. La displasia dell’anca è una condizione che, se diagnosticata precocemente, può essere trattata con successo, evitando complicazioni future come l’artrosi precoce. Le terapie conservative sono il primo passo nel trattamento, ma in alcuni casi la chirurgia, come l’osteotomia periacetabolare (PAO) secondo Ganz, può essere necessaria per correggere la deformità e preservare la funzionalità dell’anca a lungo termine.

Se sospetti di avere una displasia dell’anca o soffri di dolore persistente all’anca, è importante consultare uno specialista per una valutazione accurata e per discutere le opzioni di trattamento più appropriate.

Se cerchi un chirurgo ortopedico specialista dell’anca, della displasia e del conflitto femoroacetabolare vicino a Milano, Monza e alla Brianza non esitare a contattare il dottor Francesco Manzini